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I – Gentil Recupero
“Non mi piace come ha flirtato con te, finora.”
Parliamo sottovoce, ma probabilmente ci sente.
Non che mi importi, anzi meglio che se ne renda conto.
Lo abbiamo pescato qualche minuto fa dal grande Mar Grigio. Se non fosse stato per noi, sarebbe morto per l’assenza d’ossigeno nel giro di qualche minuto.
E la cupola atmosferica della colonia più vicina dista a più di tre miglia da qui.
Emma mi si accosta, allontanando una mano dal volante.
Ma poco prima che possa dire qualcosa, si gira verso l’uomo imbottito nell’elegante tuxedo viola, con la faccia nascosta dalla gigante fedora dello stesso colore.
“È scortesia, per vossia, chiedere di tapparvi le orecchie?”
Per quanto si sforzi, la sua innata mancanza di tatto e la forzata cortesia le impediscono di arrivare a buoni livelli colloquiali.
Ma per quel che mi riguarda, adoro come la sua voce suoni terra terra. Col tono impetuoso di un tuono che sbatte su un campo di grano.
Il rumore prodotto dal DeserTaxi, volteggiando rasoterra sul deserto di Venere, non è niente in confronto. Specie se perde le staffe.
“Oh, madamoiselle. Nessun problema”, risponde non-chalant il gentiluomo in questione, abbassando il cappello e coprendosi ai lati delle orecchie, “ignorerò ogni sillaba.”
Appoggia gli stivali sporchi sul finestrino posteriore e briciole di terra veneriana cadono sui sedili.
Nonostante il disgusto sulla faccia di Emma, lei si gira verso di me coi suoi due occhioni gialli e allargati.
“Pierre?”
“Eh?”
“Lo sai che sei un fico?”
Mi spiazza, come al solito, ma rimango in silenzio.
“E sei tenerello”, continua, sperando di far arrossire di più il mio imbarazzo, “un tenero scemo!”
Mi alza lo sguardo con le dita e, continuando a guidare, mi scruta dentro gli occhi.
“Guarda che io amo te, o uomo retto e giusto. Mica lui!” Indica meglio con il capo, “mica ‘sto bandito. Gli si legge in faccia che è un furfante. Mi tradirebbe per il primo gruzzolo di soldi che capiti a tiro. Ma tu no.”
“E tutto quel flirtare di prima? Non lo hai mai fatto con nessuno finora...”
“È un cliente particolare, guardagli i vestiti.”
Sono malmessi e stropicciati, eppure sembrano usciti da una serata di gala.
“Non ti ricorda i malavitosi di Lakey City? Sai no, quelli che vivono sulla Terra. Ecco, meglio tenerselo buono e interessato finché non lo scarichiamo a destinazione. Chissà, magari ci mette una buona parola. E poi, parola per parola... passaparola!”
Mi ha fatto sorridere: “...adesso capisco. Però, non mi è piaciuto lo stesso il modo in cui lo guardavi. Né come lo intrattieni, sinceramente. Se s’azzarda anche solo a sfiorarti, perdi un cliente. Sappilo.”
L’essermi innamorato di lei mi ha fatto diventare un bambino capriccioso e protettivo nei suoi confronti. Cosa di cui non c’è assolutamente bisogno: questa donna, se le parte una rotella, può diventare bestiale e guerrigliera come un’amazzone.
Eppure, in questo momento, tiene le guance e le labbra alzate, mostrando quel suo bellissimo volto dalle guance amabili, coperto di lentiggini; più dolce e amoroso del normale mentre mi guarda, anche dopo aver sentito la mia indignazione.
“Ho capito”, mi dà un sonoro, rapido, impetuoso, imprevisto nonché violento, bacio sugli zigomi: “E poi, manco a me piace il suo atteggiamento, sai”, accarezza dolcemente la guancia che ha appena attaccato, “heh. Io preferisco i tipi precisini e puntigliosi, che sanno il fatto loro e sono belli e buoni di natura. Come te!”
Sì, le credo. È sempre stata sincera su tutto.
E mi rasserena il cuore saperlo.
Vederla guidare mi ricorda la prima volta che ci siamo incontrati.
Era nel bel mezzo del Mare Giallo, un deserto terrestre, dopo che io e un collega eravamo stati derubati del nostro furgone da folli pirati di strada.
Siamo stati licenziati in diretta proprio in quel momento, e il DeserTaxi era l’unico puntino che s’avvicinava dall’orizzonte.
Lo ricordo come se fosse ieri: la vettura accostò vicino a noi, e la primissima cosa che Emma mi disse fu letteralmente: "Tu! Sì, tu! Sei veramente fico. Salta su: ti do un passaggio gratis fino al prossimo paese!"
Ovviamente accettai.
Salii in macchina, ma solo a condizione che potesse venire anche il mio collega.
Lei accettò, ma a condizione che avesse pagato la sua parte.
Ricordo ancora bene lo sguardo invidioso nei miei confronti.
E così, fu quello il primo di tanti strani atti d'amore che mi fece questa donna, volgare e mezza pazza, ma dal cuore d’oro.
E sì, parlo proprio del giro gratis sul DeserTaxi: era quello l’atto d’amore, almeno per come lo intende lei.
Infatti l’unico sconto che concede a chi fa salire a bordo è quello del cinquanta per cento sulla corsa. Ma solo se riesce a raccontare un fatto che gli è capitato, uno avvincente ed entusiasmante; o che lo racconti in modo tale da stuzzicare il suo sconfinato interesse per le storie e i miti del passato.
Lo fa con tutti i suoi clienti: perfino con questo “gentiluomo”, che ci sporca i sedili coi suoi stivali.
Ma ricordo che con me era diverso: un motivo in più perché le credo.
Invece di chiedermi una storia, quella volta che salvò me e il collega mi riempì di domande personali, una dietro l’altra; più di quante mia madre e mio padre ne avessero fatte in vita loro.
Col tempo imparai a conoscerla, all’inizio solamente per ripicca di tutte le domande invadenti. Giusto per riequilibrare le conoscenze tra noi.
Poi – volendo e nolendo – mi innamorai anch'io di lei.
E ci sposammo qui, sul pianeta dell’amore, dove ha ereditato una filiale dell’azienda dei suoi genitori.
DeserTaxi è infatti un marchio tutto suo, poiché la ditta di famiglia si chiama Champloo Voyagers, ed è originaria della Terra.
Dice che il cambio di nome attira più clienti.
Che sia vero o meno, ammetto che suona bene. È anche azzeccato, se si pensa alla superficie di Venere: un deserto grigio scuro, con pochi sentieri – sterrati artificialmente s’intende – e avvolto da una densa nebbia gialla, composta principalmente da anidride solforosa e acido solforico.
“Ah, l’amour”, la voce del giovane gentiluomo compare assieme al suo volto, sui posti davanti, e ci prende alla sprovvista, “sono contento di aver conosciuto una coppia così affiatata. Pardon moi, se alla fine ho sentito tutto, ma può stare tranquillo monsier Pierre. Non le ruberò la donzella, per quanto sia un incanto.”
“Ti incanto la faccia se continui a provarci con mia moglie.”
Il suo ghigno non mostra alcun segno di resa, ma si china all’indietro per rimettersi comodo sui sedili posteriori.
Perlomeno ora non li sporca.
“D’accord, d’accord. Je vais laisser la perturbation.”
Fai bene. Il mio guanto artificiale non è una protesi qualsiasi.
“Senti tu, piuttosto”, riprende invece Emma, “ma te da dove vieni? Ci hai detto che eri in combutta con le Motociclette Blu, ma non ci hai detto perché.”
“Non è una storia avvincente da raccontare, a meno che non vi piaccia vedere il protagonista sballottolato qua e là, fino a rimanere sperduto nel deserto.”
Appoggio il braccio umano alla portiera: “Quindi non approfitti dello sconto metà prezzo? Non ci hai nemmeno detto come ti chiami.”
“E non facciamo credito a nessuno”, aggiunge Emma.
Rimane in silenzio per un po’, finché di punto in bianco decide di vuotare il sacco.
“D’accord. Potete chiamarmi El Verdiente. Diciamo che ho avuto qualche disguido con delle misteriose madamoiselle, perché erano interessati allo stesso bijou.”
II – Fortuna Ardente
Savez-vous? Non mi manca affatto quel lavoro da manovale.
Né il lavorare coi Pazzi Festaioli del Mare Giallo se è per questo.
Essere la persona più avveduta del gruppo e non essere ascoltata, bensì trattata come la più inutile e tenuta a bada parlandogli sopra ogni qualvolta apra la bocca, di certo non ha aiutato né me, né quei lavoratori, né quegli idioti criminali, quando le cose si facevano più complicate. Più serie.
E dopo? Où là là: la colpa ricadeva su di moi. C'est évident, poiché ero io ad avere l’idea migliore e non l’avevo messa in pratica.
Mais, savez-vous?
Una nota positiva la suonano meglio i criminali, a discapito dei manovali: i Festaioli saranno andati di testa, c’est vrai, ma nei momenti critici erano i più uniti di tutti, con una fiducia incrollabile e una cooperazione quasi chimica.
Ou probablement, c’est juste moi qu’il n’est pas capable d’être un bon chef pour les imbéciles.
Cependant, la cosa più stupida che abbia fatto il mio vecchio boss è stata allearsi con la malavita oltremare.
Sarà troppo tardi quando il loro amato deserto terrestre sarà sotto il controllo delle compagnie petrolifere di Lakey City. Questione di qualche annetto e la libertà così tanto vantata cesserà di essere realtà. Surclassati da qualcosa di ben peggiore del loro terrorismo: il “buon” vecchio e mai sorpassato capitalismo.
Oh, ma non fatevi un’idea sbagliata. Je n'ai aucune rancune.
Alla fine noi umani siamo sempre gli stessi: col tempo dimentichiamo la maggior parte delle cose. Anche il motivo per cui abbiamo battuto la testa e perché ci abbia fatto male.
Mais pour moi, c'était tout une expérience.
Je vis dans l'instant présent.
Ciò mi ha insegnato che il mio “mestiere” funziona meglio se compiuto da solo, e con pochi contatti.
Professionali, fidati... distaccati.
D’altronde quella del ladro è, e rimarrà sempre, una vita all’ombra di tutti.
È da poco che mi son separato da quei sociopatici, di cui mi manca solamente la buona musica.
Ed è specialmente durante le loro scorribande che ho appreso molto. Negli spostamenti, tra una sbraitata e una serenata, quei folli parlavano di faccende serie più di quanto facessero coi piedi per terra.
È proprio grazie a quel gossip se sono venuto a conoscenza di quel che ruberò qui su Venere.
E poi ci sono i Banditos Clementis, malavitosi millenari e cordialissimi gestori di una catena di ristoranti a Lakey City – coloro che li fregheranno – i quali tengono un museo privato proprio in questo pianeta, accessibile solo ai ceti privilegiati che vengono invitati in privato.
Tra i pezzi d’arte più preziosi esposti, vi è un bellissimo gioiello: il “Tesoro di Arianna”.
Un magnifico accessorio che qualsiasi madamoiselle di classe vorrebbe poggiato al proprio collo.
Chissà quel sensation provi una signora nel sentire le fresche perle e i luccicosi charms sulla propria pelle, che sbrilluccicano davanti agli occhi meravigliati di altri signori importanti!
Ma ahimé, quella donna non potrà mai concedersi questo lusso, poiché io, a colletto ancora aperto e spoglio, ruberò quel tesoro e lo rivenderò al mercato nero di Easter Gravity.
E per tenerlo ben nascosto, i Banditos hanno assunto una sicurezza molto preparata: ex-soldati militari e mercenari di guerra, direttamente pescati dai ranghi più alti, congedati o in pensione, dalle scorse battaglie interstellari.
Il museo stesso è stato costruito nei pressi di una caldera vulcanica, come avvertimento per qualsiasi saccheggiatore spaziale di non giocare col fuoco.
Come farò ad entrare? N’est pas une problème.
Non mi sarò vendicato sui Festaioli, ma sono riuscito ad avere la lettera d’invito annuale che hanno mandato a Marriacas.
Exactement: mi presenterò sotto lo pseudonimo del mio vecchio capo.
Ho anche pensato di farmi cucire una maschera con le sue sembianze. È una fortuna che non lasci mai la Terra.
[...]
“Aspetta, aspetta”, interrompe Emma, “se stai andando a rubare questo gioiello, perché ce lo stai raccontando?”
“Emma... lascialo finire. Così interrompi il flusso narrativo e perdi il pathos.”
“Il vostro uomo ha ragione, madamoiselle.”
“Oh. Scusa, non volevo interrompere”, sbadiglia talmente forte che le escono le lacrime agli occhi, “però mi sta annoiando.”
La prossima città è ancora lontana.
Infatti ha appena fatto uscire le ruote del DeserTaxi per riciclare l’energia cinetica.
“Non si preoccupi, tra poco arriva il bello. Le starebbe bene quella collana, sa?”
Gracchio sonoramente la gola.
“Dai Pierre, sta’ calmo”, mi massaggia la spalla, “El Verdiente, piantala di flirtare o ti lascio qui. Ultimo avvertimento.”
“D’accord, d’accord.”
“Ma poi perché continui a dire parole strane? Sono tipo un linguaggio in codice per i criminali?”
“No Emma, è francese”, le rispondo io, “una delle tante lingue ormai in disuso dalla metà del ventitreesimo secolo.”
“Oui, c'est bien dommage”, continua il gentiluomo, “un vero peccato che certe lingue e tradizioni siano sorpassate. Immaginate quelle merveille il devait être parler comme-ça, mille anni fa!”
La smorfia silenziosa e visibilmente confusa di Emma dimostra come non abbia capito nulla, ma perlomeno io ho qualche dimestichezza.
“Ho sentito che su alcuni pianeti e satelliti vengono ancora usate dai cittadini, ma perlopiù sono dialetti locali con mille sfaccettature. Sulla Terra, per esempio, alcuni quartieri di Dream Streets parlano ancora latino, cinese e giapponese.”
“Davvero? Allora mi informerò meglio per visitare quei posti. Ovviamente dopo aver venduto il bijou.”
“Non lo hai ancora venduto?” Emma lo squadra male, “spero per te che potrai pagarmi la corriera quando saremo arrivati.”
Non ha tutti i torti: dovevamo lasciarlo nei pressi di quella centrale termonucleare, ma ne ha approfittato per chiedere di portarlo a Galileo City.
Quello le china il cappello, sorridente: “Oui, oui. Bien sûr. Mi sembra il minimo dopo avermi salvato la vita.”
Nei miei confronti, invece, Emma lancia un’occhiata accattivante.
“E te, cervellone mio, ogni volta che te ne esci con certe curiosità diventi sempre più figo.”
Le sorrido di nascosto, guardando fuori dal finestrino.
Ma lei mi scopre subito, sorridendo al mio riflesso.
E mi scioglie con una fugace e birichina linguetta di fuori.
Anche lei diventa una bambina con me nei paraggi.
O per essere più precisi: una leonessa che fa le fusa.
[...]
Dov’ero rimasto..?
Ah, oui. Giusto, giusto.
Prometto sarò più conciso nel raccontarvelo: mi trovo finalmente davanti alla caldera del museo privato. Eccolo là: incastonato sul muro obliquo del dislivello.
Un incredibile spettacolo la pozza rossa in mezzo, che brucia anche i liquidi delle retine.
Sembra di essere scesi all’inferno: qui la nebbia gialla è sfumata in un rosso vivo col riflesso lavico.
Un ponte in basalto poggia sulla superficie del liquido bollente, allungandosi fino alla grande entrata: un enorme atrio incastrato nel pendio alto tre metri, sorretto da un ampio portico color oro, e che sfuma col riflesso della lava.
E per quanto riguarda la sicurezza? È ovunque.
Sul ponte.
Sulle scale all’entrata.
Ai lati del cratere...
Evidentemente perlustrano anche ciò che potrebbe arrivare dall’esterno, dove ladri come me si intrufolerebbero da sopra.
N’est pas une problème, ho il travestimento.
Dovrò attendere che arrivino altri invitati ed entrerò in bella vista, perfettamente in simbiosi tra signori d’importanza.
Passano un po’ di ore e son costretto a sbottonarmi il colletto.
Per quanto la tecnologia odierna lo permetta, non oso immaginare quanto muoiano di caldo quei poveri disgraziati della sicurezza, più vicini alla lava.
Completamente coperti di vestiti lunghi e da due strati protettivi del dispositivo Bubble Handyman. Avete presente, non?
I BHM che vestiamo anche noi per non scioglierci qui su Venere: uno strato metallico in nichel, e l’altro che l’avvolge con una bolla liquefatta dell’olio di tardigrado.
La boccia trasparente poco più grande della loro testa rasata, in aggiunta alle placche d’armatura leggera strette a fianchi, gomiti e ginocchia, riescono a resistere bene alle condizioni estreme di queste temperature.
Certo sono munito anche io di BHM, senza aggiunte militari.
Ma loro? Sono qui da ore – forse giorni – a pattugliare, mentre io ci starò per molto meno tempo.
Non, merci!
Non voglio nemmeno immaginarmi nei loro sudati panni!
Non farei il loro lavoro neppure per tutto l’oro di 16 Psyche!
D’un tratto, noto i primi ospiti arrivare in anticipo.
Me li aspettavo in vetture orbitali lussuose e completi molto formali, con giacca e cravatta firmati... e invece vedo figure dalle forme femminili in tuta sportiva e attillata.
Cavalcano bolidi a due ruote neri e blu, con pneumatici mezzi cingolati.
Col monocolo da ingrandimento, osservo meglio la loro attrezzatura bellica.
Per niente borghese.
Che abbiano avuto la mia stessa idea?
Il tesoro di Arianna, così come altri artefatti del museo, è conosciuto tra signori di lusso anche per i numerosi tentativi di furto, perciò non mi sorprende.
Ma avrei preferito essere l’unico ladro a rompere quel record, oggi.
Oh, be’. C’est la vie.
Imprévisible.
Se riesco a fermarle in questi panni, farò un gran favore alla reputazione di Marriacas, ma potrò perfino osare a chiedere di vedere il tesoro da più vicino.
Le guardie si sono finalmente accorte delle motocicliste, e quelle atterrano ad alta velocità sul ponte in basalto. Sfrecciano dritte verso il museo.
Approfitto della distrazione e mi calo in scivolata sul muro in pendio della caldera.
IV – Riscontro Positivo
“Qui Z-01, abbiamo un contatto!”
La guardia materializza un fucile d’assalto dal Digidisk, ma fortunatamente non mira a moi.
L’ovattato rumore dei colpi rimbomba nell’accesa nebbiolina arancione sopra il magma, dandomi l’occasione che aspettavo per recarmi di soppiatto verso il museo.
Fortuna vuole che stiano tutti guardando le motocicliste in mezzo alla caldera e abbia un po’ di tempo per arrivare all’entrata.
Mi nasconderò vicino a quelle limousine e mi inventerò qualcosa.
Le moto sfrecciano imperterrite per tutto il ponte, investendo le guardie della sicurezza con ruote, katane e altrettanti proiettili.
Però... ci sanno fare.
Una limousine azzurra mi piomba davanti, come arrivata dal cielo.
Dopo aver parcheggiato, dando copertura alle guardie accovacciate e concentrate a sparare, esce qualcuno.
Uno strano, grosso, omone pelato, con un certo atteggiamento nel fare e nel vestire che riconosco molto bene. E con un esageratamente largo sombrero nero, che a malapena resta dentro la bolla del BHM.
I muscoli attillati sotto il tuxedo azzurro e la camicetta bianca scollata gridano da ogni dove lo stile inconfondibile della catena di ristoranti più famosa di Lakey City.
Non c’è ombra di dubbio: è un membro dei Banditos Clementis.
“Ayy!” Mimo la parte uscendo dalla copertura, aiutato dal modulatore vocale, “se sono invitade da sole este mujer?”
Girandosi, lancia un energico grido: “Mario! Che piacere rivederti!!!”
Questo energumeno sa chi è Marriacas... ma io non l’ho mai visto finora.
Starò al gioco, finché ne ho l’opportunità. Se gira a mio favore, non conosce così tanto il mio ex-capo.
“El piacer è todos migo! Hai bisogno de n’arma en più?”
“Ma figurati! Lascia tutto a noi e goditi lo spettacolo, amigo mio. Sei l’ospite, oggi!”
“Ay, ay. Mi lusinghi.”
Si volta, dandomi le spalle, e incita alle guardie vicino: “Amici miei! Nella vita è proprio in situazioni come queste che bisogna sempre PENSARE POSITIVO!!!”
Con quell’esuberante ottimismo, svela una rivoltella dal cinturino nascosto sotto il completo, roteandola assieme a un’altra pistola semi-automatica che sembra davvero pesante.
“Sparate alle gomme con tutti i tipi di proiettili che avete! Adesivi, perforanti, CG-EMP, EMP! Date TUTTO voi stessi! Se le facciamo cadere non potranno più avanzare! Forza, forza!”
Detto ciò si accovaccia in un modo strano e obliquo, coperto dalla limousine, tenendo le pistole curvate a quarantacinque gradi, belle vicine e parallele alla stretta distanza tra i suoi occhi fieri e caucasici.
E con esse spara in alternanza, accompagnato dalle urla appassionate dei suoi sottoposti.
“POSITIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIVE... THINKINNNNGGGAAH!!!”
Davvero impressionnant... l’esuberanza li ha motivati a mirare meglio di prima!
Molte motocicliste, percosse violentemente dalla nuova e tremenda raffica di proiettili, perdono l’equilibrio e cadono dalle moto.
Una di loro addirittura sbanda e colpisce il muretto del ponte, volando dritta in mezzo alla lava.
Che fine orrenda per una madamoiselle... il casco la teneva in incognito, ma dalle curvature minute pareva una delle più giovani.
“Amigo mio!” Esulto comunque come un Pazzo Festaiolo, “io vado a controllar di dentro, magari te porto qualche rinforzo!”
“Non ti scomodare Mario! Se vuoi andare vai, goditi la mostra! Sei il nostro primo ospite!”
Marriacas doveva essere davvero in buoni rapporti con questo individuo. Meglio così.
Se mi mettessi a sparare con loro e mi beccassero con una EMP, salterebbe tutta la copertura.
Come un serpente, indietreggio e scivolo comunque tra un pilastro e l’altro, evitando di esser visto dalle guardie che corrono ad aiutare la squadra fuori.
Entro e... où là là, mais c’est superbe!
Una grande collezione di quadri piccoli, grandi e giganti mostra tutto il suo splendore tra pareti marroni, dando il giusto contrasto alle cornici dorate che luccicano sotto la luce bianca museale.
Ogni dipinto è protetto da un sottilissimo strato di vetro – sicuramente resistente e antiproiettile – trasparente a tal punto che non lascia spazio al riflesso della luce per offuscare i colori della tela.
Figure storiche, datate a millenni e millenni di storia umana ed extraterrestre, si ergono tra busti e statue, alte a grandezza d’uomo.
Ce n’è perfino una gigante per ogni sala, che cattura l’attenzione su di sé, ma senza rubarne troppa a ciò che la circonda.
Ma non sono qui per questo. Pezzi come quelli non entrerebbero né in tasca, né nello zaino-moneta che mi sono portato dietro.
Come me ne ricordo, lo tiro fuori dal portafoglio: grande quanto un vecchio quattrino, in forma parallelepipeda.
Tengo premuto per venti secondi il tasto al centro e, riconoscendo l’impronta digitale, questo sbuffa e si espande. Come un palloncino gonfiato con l’elio.
Mi assicuro non ci sia nessun altro ed entro nella sala di mio interesse: quella dei gioielli più costosi al mondo.
Nessun’anima viva. Le madamoiselle in moto mi hanno dato un vantaggio inaspettato.
Ci sono le telecamere, ma non me ne preoccupo: la colpa ricadrà interamente su Marriacas.
Bien. Eccolo lì.
Il Tesoro di Arianna.
Appoggiato al petto semiscoperto dell’omonima figura in grigia statua addormentata.
E a differenza di altre sale questa è a vera grandezza madamoiselle.
Di poco a contatto col pavimento, il neon la illumina da sotto colorandola col rosa della sua luce soffusa.
Le perle bianche e luminose invece alternano tra quelle di Tahiti e degli charms a forma di diademi dorati che ne richiamano il mito greco.
Un Tesoro che mette in risalto tutto lo splendore della cinerea bellezza di Arianna.
“Pardonne-moi, madame.”
Delicatamente, sfilo via un tesoro inestimabile da un altro.
Stavo per prendere una busta sterile dallo zaino quando—
[...]
“El Verdiente va’ al punto! Ce l’hai tu o no il gioiello? Queste non demordono!”
Emma, intanto che lui raccontava, si è imbucata dentro uno stretto canyon per seminarle.
Non possiamo volare in alto per troppo tempo. E continuando a spararci, attireranno l’attenzione indesiderata delle stazioni Cyberpol e delle piccole città di Venere.
Nemmeno la A.S.O. 407 è sicura: se arrivassero gli agenti, fermerebbe sia loro che noi, a causa degli impianti illegali implementati al DeserTaxi.
“Pensavo le interessassero delle storie immersive ed avvincenti.”
“Sì”, rispondo io, “hai migliorato il fattore del mistero, ma in questo momento vogliamo uno spoiler in anticipo! Dov’è la collana?!”
Dal lato delle motocicliste, le mie libellule meccaniche sono peggio delle zanzare, ma non hanno autonomia longeva in mezzo alla nebbia solforica.
“Pardonne-moi. Non ce l’ho più con me, l’ho nascosta.”
“Allora dà loro le indicazioni giuste!”
“Dire alle madamoiselle dove si trova il Tesoro? Tutto il mio lavoro andrà in fumo, monsieur Pierre.”
Gli risponde Emma: “Se non le convinci a smettere di sparare, consegniamo te al posto del Coso di Arianna!”
“Amore... è il Tesoro”, mi scappa un risolino, “il Tesoro di Arianna.”
“Ma che me frega adesso di come si chiama, Pierre?! Pensa a sparare altri razzi!”
Adoro questa donna, anche quando si adira con me.
Per qualche minuto, il nostro silenzio fa ben sentire ogni movimento meccanico della vettura, assieme agli scoppi rimbombanti tra le strette mura del canyon, i crepitii sui finestrini dettati dai proiettili in arrivo e i loro botti metallici sulla carrozzeria.
E nel mentre, El Verdiente si liscia il mento, pensando indisturbato.
Finché finalmente alza il capo: “D’accord, sostiamo pure. So cosa può convincerle.”
V – Sosta Accordata
Emma frena di colpo.
Per fortuna il DeserTaxi ha ritratto le ruote chilometri fa, altrimenti avremmo sbandato ritrovandoci a testa in giù.
Come queste scendono per il parcheggio, alcune moto ci scansano all’ultimo momento.
Altre si fermano sterzando di lato.
Ma alla fine tutte quante ci circondano.
El Verdiente è in qualche modo il più sciolto di tutti: “Sono aumentate di numero o sbaglio?”
“Scendi”, lo riprende Emma, seccata.
Una volta all’esterno, sotto la barriera atmosferica riattivata del DeserTaxi, riesco ad adocchiarle meglio: sono diventate una ventina.
Le tute sportive, a guardarle meglio, nascondono le inconfondibili giunture meccaniche della spina dorsale di un esoscheletro superficiale, comprendente anch’esso di BHM.
E quelle! Quelle sì che sono Harley Dandyson!
Hanno praticamente rimosso parte della carrozzeria che copriva inutilmente la ruota posteriore, guadagnando spazio per impiantare sia lì che sul manubrio un intero apparato per l’N2O, con tanto di bombola d’ossigeno ausiliare.
Un po’ all’antica, ma sempre funzionale.
Gli uzi tra le loro mani sono anch’essi tecnologia Hybrid, eppure non ci avevano sparato con proiettili EMP.
Le libellule sopravvissute rientrano nel mio braccio artificiale: “La loro non è tecnologia terrestre”, mormoro intanto a Emma.
“Non lo è neanche la mia pazienza”, guarda male il gentiluomo, “dai, tu! Dì quel che devi dire!”
Lui si fa avanti, sorridendole disinvolto.
Una delle donne alza il mitra: “Dov’è il Tesoro? Niente scherzi stavolta!”
D’istinto, tutti e tre portiamo le mani all’aria.
Emma, molto lentamente, avvicina le dita all’elsa della spada che porta sempre dietro la schiena.
La motociclista se ne accorge e mira su di lei.
“Non lo avete più trovato?" La canna fumaria si sposta su El Verdiente, "ma che peccato.”
Ringrazio in silenzio che l’attenzione ce l’abbia di nuovo lui.
“Sarai tu stesso a portarci lì allora. E se sarai in vena di raggirarci di nuovo ti faremo saltare la testa!”
“Di nuovo?” Lo squadra Emma.
Lui sorride e abbassa di poco le mani: “Madamoiselle, madamoiselle... manteniamo la calma. Avete più che ragione a essere contrariate, ma se ricordate, voi”, le indica sempre con le mani alzate, “mi avete lasciato a morire nel deserto dopo che vi ho dato l’ubicazione per il falso. La mia era solo précaution: se fossi morto, non avreste mai più trovato il Tesoro, no? Perciò abbassate le armi. Non serve fare ostaggi.”
Lo interrogo io questa volta: “Aspetta, un falso?”
“Oui. Non ero ancora arrivato a quella parte della storia”, mormora, ignorandole, “il contatto interessato all’acquisto del bijou mi ha informato che arriverà presto su Venere, perciò mi son dato da fare per nascondere il vero Tesoro assieme ad altri che gli assomigliano”, si rivolge di nuovo alle motocicliste, “però, però... se siete molto avanti, madamoiselle! Vi siete accorte in tempo record che fosse un falso.”
La più armata (e grossa) del gruppo si avvicina puntandogli una carabina più pesante sulla fronte: “Vogliamo l’originale, maledetto terrestre! Sputa il rospo o ti faccio saltare le interiora!!”
“D’accord, d’accord”, sembra quasi divertito, nonostante abbia ancora tutte le armi puntate addosso, “si trova qui vicino, a qualche chilometro fuori dal canyon. Vi ci accompagnerò volentieri.”
“È quello giusto, stavolta?”
“Potrebbe”.
La forzuta gli tira un ceffone con un pugno immenso, grande quanto il suo volto: “DEVE esserlo se tieni alla tua vita, bandito! Voi due”, dice proprio a me ed Emma, “se non avete obiezioni, accompagnatelo col vostro veicolo. Noi vi seguiremo.”
“Ah, sì, se c’ho da obiettare, brutta racchia!”
“Emma, no”, la fermo prima che si scaldi, “ascoltate. Siamo semplici tassisti orbitali. Noi—”
“Con quelle armi?” Mi schernisce una di loro, seguita dalle piccole risatine di altre, “non si direbbe.”
“Già, con queste armi”, rimango fermo e impassibile, “dobbiamo salvaguardare i nostri clienti da pirati della strada come voi. Non siete il primo inconveniente che incontriamo.”
“...ci siamo già incontrati? Il vostro veicolo non mi è nuovo.”
“Non credo, ma può darsi che ci abbiate già visti. Scortiamo quotidianamente i nostri clienti fra i tre pianeti terrestri del sistema. Siamo familiari con altri pirati, ma è la prima volta che vediamo voi”, scorgo per un attimo il sorriso di Emma, prima che continui: “Siete dei nuovi pirati spaziali?”
La motociclista resta in silenzio per un po’.
“Diciamo che siamo nuovi, ma non troppo giovani da essere ignoranti su questo «pianeta terrestre».”
“Non capisco di cosa parli. Un momento... ci avete chiamato terrestri... non sarete per caso la quasi estinta razza aliena dei Veneriani?”
Lei rimane in silenzio, il che mi insospettisce di più.
Si gira verso un’altra, che si avvicina e riprende il discorso col fare più intellettuale: “Le strade extraurbane di Venere sono il nostro territorio, ma per quanto odiamo la vostra stirpe, non siamo assassine senza senno. Presumo che El Verdiente vi debba qualcosa. Lavorate per lui?”
Emma è ormai rovente: “Ti pare?! La ditta è mia! Al massimo sarebbe lui a fare da gavetta a me! Specie perché mi deve quattromila crediti per la corsa e ventimila per i danni! E se non sarà lui, sarete voi a pagare!”
Le motocicliste si lasciano andare in un’allegra risata mentre muovono le spalle su e giù.
“Non pagheremo proprio nulla”, ripuntano le armi, “una volta che avrà saldato il debito, decideremo se risparmiarvi. Fatevi pagare finché lo vedete ancora vivo, perché potremmo saccheggiare i suoi averi.”
Non vorrei essere per niente nei suoi panni in questo momento.
Eppure appare così stoico e tranquillo: ha un sorriso stampato in faccia da quando siamo scesi dalla macchina, perfino dopo quel pugno.
Non lo conosco, ma capisco che sta architettando qualcosa. Son più che sicuro che abbia già ideato un piano per tirarsi fuori da questa situazione.
Sì, penso proprio sia quel tipo di persona.
Guardo Emma e intuisco dall’espressione che stia pensando la stessa cosa.
“Che si fa?” Mormora, “non mi va a genio. Mi prudono le mani, Pierre”, si gratta ai dorsi.
So che vorrebbe lasciar agire gli istinti e fare un macello. Proprio per quello chiede a me cosa fare, un po’ come se fossi la Ragione del gruppo, nonostante sia praticamente lei il boss.
Se fosse stata da sola, avrebbe già fatto peggio della manovra di prima.
Perde il senno e ogni facoltà diplomatica se si lascia andare. La cordialità stessa è sempre stata stancante per una selvaggia come lei.
Figuriamoci essere costretti a guidare il DeserTaxi per qualche miglio di deserto veneriano.
Senza la sicurezza di ricevere un pagamento.
E con le armi puntate tutto il tempo.
Purtroppo, data la situazione, nemmeno io mi sentirei così tranquillo come quel ladro: qualsiasi cosa vorrà fare, ci andremo di mezzo pure noi.
“Le porterà probabilmente a un altro falso”, le parlo all’orecchio, “tieniti pronta a qualsiasi cosa. El Verdiente ha di sicuro un piano. Questo è certo.”
“Già, lo sospettavo... e se nemmeno tu sei riuscito a farti venire un’idea, allora ci andrò pesante quando El Verdiente cercherà di fregarle. Tieniti pronto anche tu, amore.”
Mi si aggrappa alla spalla per darmi un bacio di incoraggiamento.
“Se avete finito di bisbigliare là dietro, noi siamo pronte a partire.”
“Sì. Seguiteci pure”, fa cenno Emma, per poi lanciare un occhio della tigre verso il cliente indesiderato.
El Verdiente, per la prima volta, ha mostrato un leggero sgomento.
Già mio caro gentiluomo. Tu non lo sai, ma sei in mezzo non a uno – ma a ben due fuochi ardenti, e stanno vicino a un barile rovesciato di polvere da sparo.
Non penso tu voglia scegliere quale avere più vicino.